La cengia dei Fiumarelli, tra gli anfratti dei Sibillini.

Un percorso insolito, poco battuto, una cengia che si incastra nelle pareti scoscese del monte Rotondo. Spettacolo puro.
Da Casali di Ussita, un itinerario poco frequentato e ai più sconosciuto; per una cengia che attraversa versanti ripidissimi, sopra salti rocciosi dirompenti, che scivola dentro fossi strettissimi a verticali, cascate ormai povere di acqua ma spettacolari e panorami sulla val Panico e sul Bove da cartolina. Una ripida salita alla sella del Fargno, e le due vette del monte Rotondo che nulla sono rispetto ai passaggi precedenti. Spettacolo puro e adrenalinico.


Una variante ai classici sentieri che da Casali salgono alla Forcella del Fargno per andare a percorrere una cengia ardita che regala belle sensazioni di wilderness, inoltrandoci nei meandri della montagna solcando pareti che da lontano appaiono inviolabili nella loro verticalità. Ci si avvia da Casali lungo la ripida mulattiera poi sentiero ”278” che sale alla strada brecciata del Fargno, si segue il percorso contrassegnato dai segnavia sino ad uscire dalla macchia in corrispondenza del pianoro dove è un fontanile e da cui si ha una prima notevole vista verso il paretone del Monte Bove Nord. All’altezza del fontanile si abbandona il sentiero per andare a trovare l’imbocco della cengia: si sale per prati sulla destra per avvicinare una vecchia recinzione che si segue in salita fino a raggiungere il limitare di un rimboschimento di conifere e lo si costeggia sempre procedendo verso destra. Si attraversa un breve brecciaio e si prosegue per un breve tratto rimanendo in quota alla ricerca di un ometto abbastanza evidente che indica il punto di inizio della cengia. Dal fontanile si può anche prendere come riferimento la cima di un faggio secco che emerge da una macchia: lo si vede in alto sulla destra, poco oltre si trova l’ometto. Una volta imboccata la cengia non ci sono più problemi di orientamento, la traccia è sempre evidente ed in generale ben agibile: si palesa di fonte a noi, passo dopo passo, consentendo l’attraversamento di tratti sospesi che fino ad un attimo prima apparivano come inaccessibili. La progressione non presenta particolari difficoltà anche se è doveroso mantenere sempre l’attenzione sul cammino senza troppo farsi distrarre dagli ambienti spettacolari che a mano a mano si attraversano, specialmente nella parte centrale del percorso quando ci si immette nelle profonde pieghe della montagna: meglio dunque concedersi di quando in quando delle soste nei punti in cui il tracciato è più ampio per osservare appieno quello che ci troviamo all’intorno. Superato un terzo circa del percorso la cengia si infila un una stretta piega della montagna, una profonda fenditura punto di confluenza di alcuni fossi che scendono da più in alto dove si possono ammirare due cascate una delle quali, quella dei Gracchi, scivola con un lungo salto in un alveo di roccia profondamente eroso: ci troviamo nel punto più bello dell’escursione, avvolti dal suono dell’acqua ed immersi in un piccolo spazio di rigogliosissima vegetazione ai lati dei due ruscelli che si possono facilmente risalire per portarsi proprio alla base delle cascate. Un pò a malincuore si deve però riprendere il cammino e passando sul lato opposto del canalone la cengia attraversa esili fasce di prati sospese su salti di roccia strapiombanti raggiungendo un pulpito dal quale si ha la possibilità di osservare nella sua interezza il tratto percorso ed alla vista di quell’ambiente selvaggio fatto di pareti verticali quasi si rimane increduli dell’averlo realmente attraversato. Procedendo lo scenario si fa via via più aperto con ampie vedute sulla Val di Panico e la corona di cime che la circondano mentre la traccia ogni tanto si perde nell’erba alta per poi riapparire più marcata ad interrompere la linea del pendio che è ancora piuttosto scosceso e non mancano salti verticali proprio al lato del cammino. Si giunge ad un inciso vallone che si supera mantenendosi sempre in piano per portarsi sul versante opposto alla base della ripida Costa dell’Asino laddove la cengia termina e ci si trova sul marcato sentiero che scende verso la Val di Panico; nel frattempo molto più in alto, sulla linea di cresta, è comparso il Rifugio del Fargno. Lasciato il sentiero non rimane che affrontare a vista la salita sulla ripida dorsale della Costa dell’Asino coprendo in breve distanza i quattrocento metri di dislivello che separano dalla Forcella del Fargno: si sale diretti senza soluzione di continuità sino ad intercettare il sentiero “277” che sale dalla Val di Panico quando il rifugio è ormai a portata di mano. Giunti al rifugio, dopo una doverosa sosta per godere dei grandi panorami che si aprono da questo balcone privilegiato, volendo si può proseguire verso qualche altra meta intorno per arricchire ulteriormente il giro prima di riprendere la via di discesa verso Casali.


Nota: quando abbiamo effettuato questa escursione ad inizio luglio la strada che sale da Ussita era ancora chiusa per lavori a circa tre chilometri da Casali, aggiungendo così un lungo tratto di avvicinamento.